25.4.03

Una gita a New York

DEVO RITORNARE marted� prossimo nella citt� americana, cercando di capirci qualcosa di pi�. Le prime sensazioni sono contrastanti. L'America � - da molto tempo - un mito per tanti europei. In Italia pi� che in altri posti, soprattutto per i continui richiami che la nostra cultura ha assorbito. Cinema, letteratura, metodologie, aziende: ci sono infiniti modi per raccontare la vicinanza quotidiana con l'idea di Stati Uniti che il nostro immaginario vive quotidianamente.

New York, in particolare, � la citt� pi� esposta di tutti gli Usa. La respiriamo quotidianamente accendendo la televisione, andando al cinema o in libreria. Il suo mito trascende il semplice immaginario dell'industria culturale contemporanea, per�. Anche Ellis Island, la stazione di passaggio per le ondate di immigrazione italiana di inizio secolo fino a tutto il secondo dopoguerra sono patrimonio della nostra cultura (ho letto intorno a Natale "L'Orda" di Gian Antonio Stella, lo consiglio), � incisa nel Dna di tante famiglie del nord e del sud del Paese.

La mia breve gita di lavoro (tre giorni) � stata arricchita dall'immancabile gita organizzata per la parte meridionale dell'isola di Manhattan: Soho, Ground Zero, Chinatown e Little Italy per essere precisi. Ma si � trattato - grazie alla guida di origine italiana e di totale cittadinanza newyorkese - soprattutto di un viaggio nella storia delgi ultimi ventimesi di New York, quelli che ci separano dall'11 settembre del 2001. Quelli che hanno reso la maggioranza della popolazione di quella citt� al tempo stesso diversa e uguale a come sempre � stata. Cinica, indifferente, cosmopolita, infantile, rissosa, autoreferenziale. Affasciante, direi. Forse anche meravigliosa nella sua capacit� di raccontarsi quotidianamente e di cercare conferme attraverso il proprio mondo e il proprio stile di vita della realt� di tutto il mondo e di tutti gli stili di vita. Con buona pace degli iracheni e degli afghani.


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