1.11.04

Quel fenomeno chiamato iPod (non solo per macchisti)

E' PRATICAMENTE una rivoluzione sotto gli occhi di tutti. Il fenomeno dell'iPod, il lettore di musica digitale di Apple, ha passato quella sottile linea che divide un prodotto di successo da una vera rivoluzione, un'icona culturale. Ma quali sono i rischi? Che cosa potrebbe succedere adesso?



Da un certo punto di vista, calcolando solo il lato economico del fenomeno, ci sarebbe quasi da preoccuparsi. E' vero, Apple è in cima al mondo, l'iPod vende come non mai e questo Natale soprattutto farà un vero exploit, il suo unico limite sarà la capacità dell'azienda di consegnarne ai negozi un numero sufficiente. Però, quando si arriva al 92% del mercato dei lettori di musica digitale basati su hard disk, a più del 60% del mercato complessivo inclusi quelli da quattro soldi che praticamente li regalano al posto delle vecchie chiavette di memoria Usb, c'è da preoccuparsi. Dopo, direbbero quelli prudenti, si può solo perdere quote di mercato.

Infatti, di avversari l'iPod ne ha già tanti, e non c'è dubbio che qualcuno sia anche valido. O che, magari, il prossimo iPod stia già lasciando il tavolo da disegno di qualche tecnico giapponese o americano per avviarsi alla produzione. Chi può dirlo. Di certo, adesso è il momento dell'iPod.



Ma non si tratta solo di un problema di quote di mercato. Se fosse solo per quello, i prudenti e i pessimisti potrebbero avere ragione. No, in realtà l'iPod è andato molto più in là. Lo hanno definito più volte "il walkman del ventunesimo secolo". Con la "w" minuscola, per dire che il prodotto lanciato negli anni Settanta da Sony (e che ha costruito praticamente da solo le fortune dell'azienda) è divenuto cosa comune, acquisita nel costume e nell'immaginario di tutti quanti.



Ma dove sta l'innovazione? Nel fatto di far portare la musica in tasca? Questo già succedeva con il Walkman e, ad essere sinceri, anche con la prima radio a transistor, che peraltro proprio in questi giorni compie cinquant'anni. Allora? Non è il discorso della portabilità quello che ha un effetto distruttivo sul mercato. E' il modo in cui la portabilità si realizza. La Regency TR-1 ha messo davvero la musica in tasta a tantissima gente. L'innovazione del genere immediatamente successiva e più spettacolare è stata quella (per niente documentata) delle cuffie per rendere l'ascolto realmente individuale. Poi è arrivato il Walkman, che ha aggiunto la dimensione dell'archivio. Con l'apparecchio di Sony, cioè, come accade con il videoregistratore, l'ascolto diventa non solo personale e mobile, ma anche personalizzabile. E' l'utente che decide cosa vuole ascoltare.



Qual è l'innovazione dell'iPod allora? Musica in tasca? Cuffie stereo? Archivio e memoria? Quasi. Il suo è un concetto di totale personalizzazione dell'esperienza musicale. Chi usa l'iPod al pieno (e quello che ha reso memorabile la sua creazione) è colui il quale ha digitalizzato la sua biblioteca di compact disc e trasferisce sul piccolo lettore bianco di Apple tutta la sua storia musicale, i suoi gusti, le sue passioni. Solo in questo modo si ha una differenza sostanziale rispetto agli altri apparecchi precedenti o del genere.

In questo gioca un ruolo chiave sia il fattore della diffusione del computer (è inimmaginabile l'iPod senza un computer) che di sistemi che rendano l'interfaccia di sincronizzazione e di utilizzo molto, molto semplice e continua tra l'ambiente locale e quello mobile. In una parola, iTunes, il software di Apple che funziona da jukebox.



Ma non è stato il primo software del genere. Ce ne sono vari altri, soprattutto in ambiente Pc, che fanno le stesse cose. Ma - e qui scaturisce la vera genialità dell'operazione, iTunes è anche in grado di collegarsi a Internet mantenendo la medesima interfaccia (che non è quella di un browser dove si può sostanzialmente solo puntare e cliccare) e la stessa struttura di organizzazione dei file. Geniale.

Geniale perché coglie contemporaneamente due problemi tipici non solo delle interfacce ma dell'intera esperienza informatica. Senza un sistema di organizzazione e gestione dei dati, cioè delle canzoni, ci si perde. Si perde il divertimento e la passione per l'ascolto della musica. Intendiamoci, non che debba essere necessariamente la cosa più semplice del mondo, perché non lo è. Ma le persone si appassionano se trovano un sistema comprensibile per la gestione dei propri dati. E Apple l'ha creato con iPod e con iTunes. Semplice, altamente integrato, assolutamente coerente e funzionante.



Adesso, con iPod Photo, si ripete l'operazione. Giocando, in ambiente Mac, con iPhoto, un software per la gestione semplice e lineare delle immagini nella memoria del computer. In pratica, si permette di portare in tasca non solo tutti i propri gusti musicali, ma anche tutte le proprie istantanee. Come la gente sta cercando di fare con i telefonini a colori e dotati di macchina fotografica digitale. Lì vengono archiviate, entro certi limiti, una serie di immagini. Che tengono compagnia e fanno piacere. Così come la possibilità di avere copertine e immagini associate a ciascun album.



Pensateci, perché nella sua semplicità è geniale. Si scarica la musica dai propri cd oppure dal negozio digitale di Apple (o magari, anche da qualche altra fonte, diciamo così un po' meno. Si mette sul computer, e contemporaneamente finisce anche sull'iPod. Si organizza l'ascolto sulla base dell'ordine che si vuole: playlist, per album, per artista, per genere, qualunque cosa. Si mantiene la coerenza dell'esperienza e soprattutto non c'è bisogno di portarsi una borsata di cd a giro: se l'umore cambia durante il giorno, c'è sempre quel che serve con noi.

Questi sono solo alcuni degli elementi più rilevanti della rivoluzione, a mio modesto parere. Altri ancora si possono trovare in vari ambiti: da quello della comunicazione e del marketing sino a quello del design. Ne parleremo più avanti.


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