31.12.04

Mamma mia! & cara la mia vedovella...

SI DISCUTE DA qualche tempo su che cosa succederà ai nostri dati digitali una volta che saremo dipartiti per l'ultimo viaggio. Le nostre mail, i nostri documenti crittati, i blog, gli spazi digitali online e via dicendo. Le persone che amiamo li potranno conservare? Scompariranno, cancellati dal provider a tre mesi dall'ultimo accesso?

Per i comuni mortali è così. Ai celebri, invece, quel che viene detto di solito rimane. Proprio tutto. Perché oltre agli studiosi c'è una parassitaria e lasciva folla che si guadagna la giornata scavando tra le nostre curiosità morbose. Sopra tutti si erge, dal punto di vista telematico, il lozzo D'Agostino e il suo sito recentemente sdoppiatosi in Dagospia e Dagosex. Che raccoglie e centellina il miglior pus culturale della rete:

Alessandro Manzoni si stabilì a Parigi nel luglio 1805, presso la madre Giulia Beccaria cui era appena morto l'amante Carlo Imbonati. Tra lui, ventenne, e la madre si sviluppò un amore edipico: non avevano segreti, il giovane scriveva lettere parlando di lei ("Io non vivo che per la mia Giulia"), la donna non faceva che additargli il defunto Imbonati. Gli scelse anche la moglie, la bionda sedicenne Enrichetta Blondel. Manzoni si disse contento ("lo siamo tutti e tre") anche perché la giovinetta nutriva per la di lui madre devozione e rispetto, e la chiamava "maman".

(Giorgio Dell'Arti per il Foglio)

William Faulkner è di pessimo umore quando nel dicembre del 1950 arriva a Stoccolma per ritirare il Nobel: a stizzirlo è il comportamento della giuria che l'anno precedente gli aveva quasi conferito il premio, prima di sospendere il giudizio per mancanza di unanimità.

Gli bastano poche ore per cambiare disposizione d'animo, grazie alla donna incaricata di dargli il benvenuto: Else Jonsson, sulla trentina, piacente vedova di un traduttore di letteratura americana che le aveva trasmesso la passione per gli scritti dello stesso Faulkner.

Lui ha già scritto i suoi libri più noti, vive nella fattoria di Rowan Oak, nel Mississippi, insieme alla gelosa moglie Estelle che tradisce con la giovane scrittrice Joan Williams. Quello per la Jonsson fu amore a prima vista. In una lettera le scrisse: "Sono arrivato a Stoccolma quel pomeriggio odiando e temendo l'intera faccenda che dovevo affrontare, poi otto ore più tardi sono entrato in quella stanza e tu eri lì che mi guardavi e, nel momento stesso in cui guardavo nei tuoi occhi, dopo il primo impatto sul mio cuore, o quello che fosse, non ero neppure sorpreso, perché sentivo di conoscerti da sempre. Non ti ho associato al tua nome fino a metà della cena. Non pensavo neppure al tuo nome. Non importava. Sapevo che eravamo destinati, condannati, se preferisci"


(Fabio Sindici per La Stampa)

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