21.1.05

Quelle belle storie come non le sappiamo raccontare

UNA COSA CHE stupisce il giornalista italiano, prima ancora che il lettore, è il modo in cui i settimanali americani riescano a trattare le storie. Se non fosse sicuro che hanno un metodo che insegnano nelle loro scuole di giornalismo (e che nelle nostre non insegnano) verrebbe da pensare che sian tutti geni. Invece no, sono "solo" dei seri professionisti.

Prendete questa, per esempio. Storia di copertina di BusinessWeek. Titolo: Linux Inc. Argomento: ascesa e successo del sistema operativo Open Source. Da noi, che sia Panorama o che sia Diario, i nove decimi dei lettori sono già passati all'articolo dopo. Perché? Perché mi romperei le scatole anche io che le scrivo tutti i giorni queste cose (e che un po' mi interessano anche, lo ammetto) figuriamoci il famoso "lettore qualunque", la casalinga di Voghera della carta stampata.

Ci volete scommettere, invece? Se sapete abbastanza l'inglese da leggerla (non è neanche particolarmente difficile, mannaggia a loro che scrivono pure in maniera semplice) probabilmente la troverete una storia interessante. Forma linguistica piana e chiara, sviluppo dell'intreccio, documentazione (mica pareri personali), ritmo, informazione. Da noi queste cose non si leggono mica. Da noi se ti danno quel numero di battute (circa 26mila spazi inclusi, più di quattromila parole, fanno 430 e passa righe, che son tante per chi viene dal quotidiano) il più bravo tira giù un pippone che ammazzerebbe un rinoceronte...

Lo dico, sia chiaro, con una certa delusione verso me stesso e una malcelata invidia verso di loro. Perché a questo punto è chiaro che col mestiere (di quel Paese) si va avanti per bene. Qui, no. Da noi si vendono pere cotte. Da cui la nota espressione: "fare il peracottaro"...

2 commenti:

magomarcelo ha detto...

caro antonio, io invece non sono così pessimista, perchè è proprio nei weblog italiani che vedo spesso un approccio di questo tipo... cosa che fra l'altro mi ha fatto riscoprire il gusto di navigare in internet sui siti in italiano, voglia che i vari portali mi aveva fatto davvero passare...

Anonimo ha detto...

Bravo Antonio ! ben detto , hai ragione da vendere, sono talmente d'accordo che sono anni chee non compro più un quotidiano italiano ( quasi 10), sfinito dall'isulsaggine e dalla superficialità dei giornalisti italiani, mi sono ritirato e rifugiato su internet e nel satellite dove posso leggere e vedere giornalisti che sanno quello che dicono e si non sparano castronerie tipo "diodi al silicone" o fanno vedere marines che si imbarcano per panama dicendo che vanno in irak.
Per non parlare di quelli che si occupano di tecnologia, brrr da rabbrividire pensare che i potenti, coloro che decidono delle noste vite, vengono informati da questa masnada di ubriaconi dalla penna facile.
Bravo di nuovo e ben detto !
Alessandro Saporetti
saposoft@sica-it.com