16.7.05

Generazioni (lettura per l'estate)

CHE COS'E' una generazione? La risposta più semplice è che si tratti del prodotto di differenti atti procreativi. Offspring, prole, il prodotto di qualcosa o di qualcuno. La generazione è anche una classe, una "coorte" come dicono gli americani, quando si parla di demografia e si fa riferimento a tutte le persone che sono nate in un certo periodo, tuttavia mai precisamente definito. Da qui in avanti, cominciamo a vedere meglio di cosa si intende per generazione utilizzando il termine al plurale: generazioni.

Prendiamo la mia famiglia: non ho figli e non ho più nonni. Sono rimaste due generazioni, per quanto riguarda la discendenza (o ascendenza, a seconda del punto di vista) diretta della mia famiglia. I miei genitori - una generazione - e io. Se ci fossero i miei nonni, che avevano tutti età simili, si potrebbe parlare di una terza generazione. Il fattore cronologico, la dimensione cara ai demografi della "classe", è il primo indicatore di appartenenza. Gli uomini e le donne della generazione dei miei nonni, quelli della generazione dei miei genitori (la cui differenza di età è di due anni a favore di mia madre), quelli della mia generazione.

Ok, sino a qui sembra tutto chiaro: le generazioni sono un esercizio semplice, stanno alla storia come la statistica sta alla matematica. Apparentemente. Ma è più complesso, secondo me, perché tocca in realtà la sociologia e la storia. Altrimenti è simile all'esercizio di chi gestisce un allevamento di vitelli. Vediamo in che modo si può complicare la questione.

William Strauss e Neil Howe, nel 1991 danno alle stampe un libro alquanto interessante (e poco conosciuto, a dire il vero, qui da noi) che si intitola Generations. La tesi di fondo è una teoria sulla storia: ci sono le ere e queste si ripetono in modo ciclico e acquistano forma e caratteristiche grazie alle differenti generazioni che le abitano. Anche le generazioni, poi, ricadono all'interno di questo modello ciclico. Un po' più complessa dei vichiani corsi e ricorsi storici, è una teoria interessante perché propone del determinismo nella costruzione della società e nel modo in cui questa informa la storia.

Il lavoro di Strauss e Howe ha un limite, per il lettore del nostro paese: il riferimento è completamente orientato al mondo statunitense (o anglosassone, per quanto riguarda i presupposti). Quella la cultura, quella la storia, quella la società sotto la lente dei due studiosi. Dopotutto, si capisce anche dal sottotitolo: The History of America's Future, 1584 to 2069. Ma la loro teoria, ripresa e perfezionata anche nel successivo The Fourth Turning del 1997 e in altri libri, è lo stesso intrigante.

Nonostante venga mossa loro la più sistematica critica di costruire gli archetipi delle generazioni in maniera strumentale e stereotipata e poi di legarsi anche (proprio con The Fourth Turning) al misticismo mitologico e sovrannaturale di Joseph Campbell, infatti, il respiro delle loro intuizioni e dei loro argomenti propone alcuni spunti interessanti. Una fra tutti, cioè che le generazioni non siano un fenomeno demografico - non lo siano prevalentemente, non lo siano deterministicamente, non lo siano in maniera esaustiva - è il nocciolo di quanto ci interessa qui.

Torniamo a Generations. Gli autori stabiliscono che la storia procede per ere. Quattro ere (loro le chiamano turnings, ordinate sempre in maniera lineare, come le stagioni: Era superiore, Era del risveglio spirituale, Era dello svelamento (o della districazione, unravelling nell'originale) e infine Era della crisi. Ciascuna di queste ere ha delle caratteristiche proprie e immutabili dal contesto in cui si trovano e vengono ad essere declinate.

La prima è quella della prosperità, delle istituzioni stabili, della felicità, di solito dopo una guerra o dopo qualche grosso problema che ha rivoltato la società. E' anche un'era molto laica, concreta. La seconda è piena di idealismo, di giovani che rompono le convenzioni e ritrovano una spiritualità antica ma non più sentita e allo stesso tempo nuova. La terza è selvaggia, irrefrenabile, cinica, concreta: la corsa all'oro, i ruggenti anni Venti, l'era di Wall Street negli anni Ottanta. La quarta, quella della crisi, è l'attuale: casini, scuotimenti, messa in discussione della società e del suo "bene", guerra, rivoluzione, crisi.

Più o meno le quattro stagioni coprono un secolo, anche se non di quelli del calendario. Infatti, viene indicato come Saeculum, alla latina, e per esempio il Great Power Saeculum va dal 1865 al 1945 (quindi si tratta in realtà di 80 anni, un secolo "breve", come dicono anche gli storici per quello successivo).

I turning point, le svolte che fanno passare da un'era all'altra, sono indicati da eventi simbolici. Un po' come l'assassinio dell'erede al trono austroungarico, l'arciduca Francesco Ferdinando, che è considerato un evento simbolico per dipanare la matassa delle cause della Prima guerra mondiale e mettere un punto fermo tra gli storici. In quel caso è da intendersi come evento scatenante di qualcosa di già costituito nelle sue premesse, nel nostro dei turning point, invece, l'evento simbolico caratterizza l'inizio di una nuova fase che diverge dalla precedente.

Il rapporto tra le quattro ere è di alternanza tra assoluti e relativi, come per le stagioni atmosferiche: tra una crisi e un risveglio c'è un'era di solidità e forza, mentre tra un risveglio e una nuova crisi c'è un selvaggio disvelamento, un potente e rapace cinismo.

Quali generazioni nascono durante le quattro ere? Ce ne sono di quattro tipi. Andando in ordine ci sono i Profeti o Idealisti, per la prima era, i Nomati o Reattivi per la seconda, gli Eroi o Civici per la terza e gli Artisti o Adattabili durante la quarta. Perché? Dipende dai tempi che le loro vite si trovano a vivere: vediamole.

Gli Idealisti nascono durante un'era superiore, crescono durante il risveglio, maturano durante il selvaggio disvelamento e invecchiano durante la crisi. Hanno delle caratteristiche chiare: non combattono guerre in prima persona, sono uomini di principio e di diritto, cerebrali, che inneggiano al sacrificio e alle guerre giuste.

I Nomadi nascono durante un risveglio, la loro crescita passa attraverso l'era del disvelamento, sono maturi durante la crisi e invecchiano in una nuova era superiore. Sono leader realisti, difficili da prendere in giro, guerrieri taciturni che affrontano i problemi e gli avversari uno alla volta.

Gli Eroi nascono nell'era dello svelamento, crescono durante la crisi, sono adulti nell'era superiore e invecchiano durante il risveglio. Sono infatti vigorosi, costruiscono le istituzioni, hanno capacità di guidare e competenza da anziani. Vogliono il progresso, la prosperità economica, l'armonia sociale e l'ottimismo pubblico.

Infine gli Artisti, che nascono durante una crisi, crescono nel nuovo dell'era superiore che segue, sono maturi nel risveglio e invecchiano nello svelamento. Loro sono difensori della giustizia, della correttezza, dell'inclusione politica. Irreprensibili nel fallimento.

Una notazione interessante, in chiusura: le generazioni non sono date da classi di età omogenee. Cioè non si contano direttamente sugli anni ("ogni quindici anni, una nuova generazione"), ma sono modellate sulle forme che le ere assumono nella storia. Per esempio, nel Millenial Saeculum, che sarebbe poi quello nostro dal 1943 al 2006, ci sono quattro generazioni.

La prima, composta da Profeti, è quella dei Baby Boomer, che vanno dal 1943 al 1963 (venti anni). Segue la 13th Generation, tutta di Nomadi, che va dal 1964 al 1976 (12 anni). Poi ci sono i veri protagonisti, gli Eroi, la Millennial Generation, che copre gli anni dal 1977 al 1993 (16 anni). L'ultima, quella di cui ancora non è chiarito il nome ma che è composta da artisti e rappresenta la Crisi, copre un arco che va dal 1994 a oggi (e non è detto si fermi qui, comunque sono per adesso 11 anni).

Quindi, il concetto di generazioni è un po' più complesso, come abbiamo visto. E lo è ancora di più se si guarda maggiormente da vicino il lavoro di Strauss e Howe. Ma non solo, perché in realtà c'è una grande variabile esterna che influisce e che modella questo tema. Si chiama segmentazione del marketing, e spinge con forza ideologica fortissima per creare strutture e sistemi coerenti tali da tagliare la società in ambienti più piccoli ed omogenei. Per trasformare la generica audience in specifici pubblici. Ma non crediate che questo processo possa avere effetti solo sui conti economici di chi vende succhi di frutta e mozzarelle... No, ha un impatto nella società molto più ampio, come vedremo. Quindi, stay tuned: more to come!

1 commento:

Anonimo ha detto...

Analizzare i fenomeni seguendo un ciclo quasi biologico (nascita-sviluppo-vecchiaia-morte) è una prassi che risale molto indietro nel tempo. Questo discorso sulle generazioni mi ha fatto pensare inevitabilmente alle età di Esiodo: età dell'oro, dell'argento, del bronzo, del ferro. Oppure al pensiero, già chiaramente espresso da autori antichi, relativo all'Impero romano, secondo il quale al momento di grande espansione, raggiunto dopo secoli di preparazione, doveva necessariamente seguire un momento di decadenza, fino all'estinzione completa che preludeva alla rinascita di un altro Impero. Lo stesso discorso valeva per l'arte, e in questo caso le teorie di Plinio il Vecchio hanno attraversato i secoli fino a influenzare gli studiosi ottocenteschi. In pratica, sembra che l'uomo, nella sua esigenza di sistematizzare tutto, debba per forza creare una griglia di riferimento mentale, nella quale le origini sono migliori del momento attuale, i nostri predecessori sono stati migliori di noi, noi viviamo un momento di decadenza, siamo nani sulle spalle di giganti (quando va bene). Non so, questo tipo di discorsi mi affascina e allo stesso tempo mi spaventa, forse perché cercare risposte a interrogativi complessi rifacendosi al ritmo naturale della vita umana, che già per questo è tranquillizzante, mi sembra molto simile allo slogan che accompagna gli schemi di Sudoku: un'unica regola da seguire per risolvere il gioco, dalla versione "facile" a quella "diabolica".
D'altro canto non è esatto nemmeno questo, e il tuo punto di vista è, giustamente, quello della definizione di un termine come "generazione" in cui concorrono molte variabili.
Dunque, "more to come"! non posso dire altro che "I'll be waiting"!
Ste