23.9.05

La chiamavano Milano, ma poteva essere ovunque

ECCOMI, SONO AL mio posto nel mondo: Milano, provincia d'Italia. La sensazione un po' allucinata di chi fino a quindici-venti ore fa aveva negli occhi San Francisco ha lasciato il posto al jet-lag, l'effetto d'onda del diverso fuso orario. Il mio organismo non sa che ore sono, non sa dove si trova, ma una cosa l'ha chiara: che sonno!

Secondo un antico racconto che devo aver già scritto una volta qualche anno fa, il jet-lag dipende dall'anima. Essa non è in grado di spostarsi a una velocità e un'altezza superiori a certi parametri, e fatica a raggiungere il corpo materiale. Per questo, di ritorno da un viaggio lungo in aereo si soffre un senso di stordimento e malessere: è la nausea che ci coglie quando siamo separati dalla nostra anima. Poi, ci raggiunge e tutto passa, in genere dopo una o due notti di buon sonno.

Rimane il quesito quasi esistenziale circa la diversa cultura da cui si proviene: poche ore incrociare al sushi-bar lo sguardo di una ragazza preludeva a un sorriso di educato saluto. Qui pare un malizioso gioco di lupi e pecore nella bruma di un mattino spettrale. Tra l'altro: perché Milano - pur sempre la capitale economica del Paese - è così sudicia e mal costruita?

Il viaggio comunque stanca e l'animo ha bisogno di riposarsi. Vi lascio per adesso con questa seconda immagine, presa a Charles de Gaulle, tappa del viaggio di rientro, per testimoniare l'eterna fatica del giramondo italiano. Anzi, della giramondo. Un quesito mi sfiora: ma Gad Lerner doveva proprio farsi crescere quel gran barbone? Non sta mica tanto bene, tutto peloso a quella maniera: sembra un fumetto cattivo...

Ps: la prima foto, quella che mostra dal di dentro l'impianto del controllo di sicurezza per accedere alla zona d'imbarco di un noto aeroporto internazionale della Bay Area, è una foto vietata, vietatissima. Ci sono precise leggi federali negli Stati Uniti che impediscono di scattare questo tipo di immagini. Io l'ho solo trovata, pubblicata altrove, quindi credo che per diritto di cronaca sia possibile mostrarla. Comunque, è una foto che il diritto di cronaca impone di pubblicare...

3 commenti:

EmmeBi ha detto...

L'antico racconto a cui ti riferisci poi non è cosi antico: è "L'accademia dei sogni" di W.Gibson, il suo ultimo romanzo uscito un paio di anni fa.
Ben tornato!

Antonio ha detto...

Ecco! Grazie Michele. L'avevo letto giusto al tempo della sua uscita, in inglese: Pattern Recognition, si chiamava... Però... che memoria!

EmmeBi ha detto...

Beh. Per me, e per gli amanti del marketing come me, è un autentico culto quel libro lì. Io preferisco Gibson quando parla di futuribilità contemporanea piuttosto che di cyber spazio.
E poi quel concetto di jetlag è fantastico.