18.2.07

Il paradosso della trasparenza

HO LETTO UN altro capitolo della recente saga settimanale di letture portata avanti con instancabile determinazione sul suo blog da Luca de Biase. A questo giro è un libro sul pudore ad ispirare una riflessione sulla trasparenza, la privacy, l'Occidente e l'Islam, il controllo, l'uguaglianza, l'informazione totale.

Certi libri ispirano sin dal titolo e dal tema (una volta il risvolto di copertina era un'arte, una forma di letteratura a sé stante, come sanno ad esempio gli appassionati lettori di Urania e Gialli Mondadori), te ne appropri in qualche maniera - soprattutto se il nocciolo di informazione è ben sintetizzato - e poi schizzi via per la tangente, perso dietro a pensieri tuoi. In questo caso: il pensiero del blog di Luca. Che è atipico. Intanto perché non è immerso nel presente, ma in qualche modo ne emerge, lasciando pensare ad una massa coperta di insolite dimensioni.

Per dire: mentre tantissimi giornalisti con il loro blog sono un adesso che si descrive tramite quel che si fa e quel che si pensa, Luca ha costruito invece un sito di progetti, di riflessioni, ma anche di indicazioni con tanto di curriculum su quel che è, è stato e presumibilmente (leggendo in filigrana) vorrà essere. E poi la costruzione.

Luca si costruisce attraverso un percorso aperto e trasparente: il suo blog è un accumulare di pensieri quotidiani che ti danno in qualche maniera - vista anche la sua facilità e copiosità di scrittura - la sensazione di assistere da un palco della piccionaia ai processi che si svolgono nella sua mente.

Eppure, le tracce, i pensieri, le scoperte, gli "Ho visto", "Ho letto", "Sto facendo", sono in qualche misura delle forme di trasparenza paradossali. Il diario, che sia in rete oppure no, è metaforicamente un frammento di specchio ma con una fondamentale differenza rispetto all'oggetto originale: non riflette l'interezza ma solo la parzialità dell'immagine.

Boh, forse nel pensare al blog di Luca in realtà sto pensando a me stesso. Chi può dirlo.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Un curriculum su quel che è, è stato e presumibilmente (leggendo in filigrana) vorrà essere.... ma andare tutte le volte a correggere il proprio "curriculum del futuro" secondo te è solo un'esperienza frustrante o potrebbe diventare un'occasione straordinaria per la riflessione?

Antonio ha detto...

No, il senso era che scrivendo del quotidiano in qualche misura si racconta come si sta diventando: da questa prospettiva direi che la parola "curriculum" è piuttosto un'astrazione mia. E' un percorso, che vedi mentre viene percorso. E per di più un viaggio intellettuale più che professionale o aziendale. Capisci?

Anonimo ha detto...

yep, quello che intendevo era usare il curriculum futuro come punto di appoggio su cui far leva per iniziare la riflessione sul percorso di vita individuale in cui si è impegnati nella quotidianità. Non siamo tanto distanti, per conto mio è possibile "vedere" quello che si sta diventando proiettandosi prima "astrattamente" in un'altra dimensione, un'altro punto di vista, che può essere questo "curricum futuro".. ma tanti altri ancora se si preferisce. Anche la rilettura di ciò che si scrive e di come lo si scrive