8.7.07

Nuovi orizzonti (notturni)

SARA' PERCHE' E' estate, oppure perché siamo sempre in una fase nuova della mia personale cosmogonia, fatto sta che si susseguono le esperienze alla frustrazioni, in un rapido rincorrersi. Senza contare i carpiati, che bussano alla porta neanche fossero dotati di una loro esistenza a prescindere dalle mie possibilità. Un po' come i libri che compro. E stiamo parlando di una cosa alquanto diversa dal dire "i libri che leggo". Con Mattia si ragionava l'altro giorno (proprio al riguardo dell'antologia di articoli dal Giappone di Indro Montanelli che trovate nell'etichetta libri proprio qui) sulla mole di volumi accumulati durante l'inverno e non ancora letti. Si potrebbe fare a meno di entrare in libreria per qualche mese (qualche anno, se vogliamo) prima di dare fondo alle scorte accumulate a casa: la pigna purulenta di fergusoniana memoria. Tant'è, qui c'è carne fresca.

Il primo pezzo, ed è quello pregiato, si intitola Non di sola arte. L'hanno scritto Giulia Bondi e Silvia Sitton, lo pubblicano le Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli al prezzo quasi ragionevole di 18 euro per 208 pagine. Non fatevi ingannare, anche se siamo nella saggistica, perché la scelta stilistica è di parlare come si mangia, ovvero in maniera comprensibile. E' il frutto del progetto di ricerca finanziato dalla borsa di ricerca Giovanni Agnelli per l'economia dell'arte contemporanea ed il sottotitolo spiega l'obiettivo del lavoro: "Viaggio in Italia tra voci e numeri della giovane arte contemporanea". Ho conosciuto - e moderato - Giulia Bondi a Roma qualche giorno fa nel dibattito organizzato dal Pogas (del quale la pigrizia ancora mi fa rinviare qualsiasi considerazione) rimanendo davvero stupito della sua lucidità e modestia. Mi diceva, ad esempio, che il lavoro è stato pensato e progettato dal suo alter ego Silvia Sitton, modenese e trentenne come lei. Tuttavia, insieme, e con la collaborazione di Alberto Samson, hanno costruito questo piccolo squarcio sul tema dell'arte contemporanea, la definizione di giovane artista (che a me come Giovane Autore ovviamente affascina), i mezzi di sostentamento, le vie di uscita di una passione intesa come mestiere (il mestiere dell'artista) oltre che come professione (la professione dell'artista). Un quadro bello e disegnato con grazia che dipinge una natura morta tetra e pure in buona parte sepolta. Il più grande complimento che posso fargli è che mi ha fatto venire voglia di fuggire (visto che questi sono giorni di maturità scolastica) al liceo, dove almeno le illusioni le potevi coltivare sotto la calda coperta familiare, senza il rischio di incontrare l'oggetto della tua ammirazione.

Il secondo pezzo è totalmente inesploso e odora di snobismo all'italiana da un miglio di distanza. Ma forse non è così. E' Daniel Handler, un per me perfetto sconosciuto del giro di Dave Eggers e della rivista di San Francisco The Believer. Snob perché le premesse ci sono tutte, ovviamente: il giro "quello buono" che fa pubblicare questa volta da Alet Edizioni le 282 pagine a ragionevoli 14 euro intitolate Avverbi. Comprato non tanto per il romanzo in sé (non ne avevo letto da nessuna parte, neanche sentito parlare alla lontana) quanto per i due classici criteri che fanno la gioia di qualsiasi redattore di casa editrice: la copertina (bella, fumettosa, è riuscita ad attirare l'attenzione) e il risvolto di copertina che comincia così:

Salve, sono David Handler, l'autore di questo libro. Lo sapevate che spesso sono gli autori a scrivere le sinossi che compaiono sulle copertine dei libri? Magari ve ne ricorderete la prossima volta che leggerete frasi del tipo: "Un libro sensazionale che si divora tutto d'un fiato. Un romanzo che ci mostra un narratore universalmente acclamato all'apice delle sue straordinarie capacità".

(Lo sapevamo in qualità di Giovane Autore, ovviamente). Ecco, speriamo che Hadler mantenga la promessa implicita e riesca anche nel passo medio delle sue 282 pagine di romanzo a tenere il ritmo. Eggers, in vena di marchette riprese in quarta di copertina, invece lo paragona sobriamente a Nabokov. Il romanzo parrebbe invece essere relativo a "un gruppo di persone che si innamorano e disamorano dei vari tipi d'amore". Cioè un romanzo sull'amore. Il che, soprattutto d'estate, in realtà lo rende di per sé un romanzo interessante. Segue, dopo lettura (magari entro i prossimi 18 mesi) un'attenta disanima o quantomeno risposta al quesito iniziale: il libro manterrà le promesse fatte?

Il terzo pezzo è sulla Cina, l'India, il continente asiatico così lontano e così vicino, l'impero di mezzo che bla bla bla, la ruota del karma che bla bla bla e quindi è ineludibile che noi bla bla bla, considerando anche che io a Milano abito a Chinatown dove ogni giorno bla bla bla ma non sopporto il ristorante indiano bla bla bla dove invece le ragazze vogliono sempre bla bla bla.

In particolare, questo Il Dragone e l'Elefante, ovvero (sottotitolo) La Cina, L'India e il nuovo ordine mondiale, è bla bla bla. Peraltro, il suo autore, cioè David Smith (che bla bla bla si è prodigato per 324 pagine edite da Il Sole 24 Ore editore [cioè il MIO editore!] ed è il caporedattore del Sunday Times e ha pubblicato nel 2005 Free Lunch e scrive spessissimo bla bla bla), mi piace (?) senza considerare che bla bla bla. Ecco: il libro non l'ho letto ma il dragone e l'elefante in copertina sono molto belli. E' uno di quei libri che vorrei e in un certo senso dovrei leggere. Se non altro perché nel 2006 i due paesi (la Cina e l'India, intendo), con una mossa altamente simbolica - ma non solo - hanno riaperto la Via della Seta che bla bla bla. Non vi pare anche a voi?

1 commento:

cyberia ha detto...

"...i carpiati, che bussano alla porta neanche fossero dotati di una loro esistenza a prescindere dalle mie possibilità."

E certo, e' tipico del carpiato: oltre ad essere un compito difficile da affrontare in se', spesso si presenta all'improvviso ed e' anche accerchiato da altri problemi, anzi... da altri carpiati (il famoso carpiato nel carpiato).

Ma qui rischiamo quasi di sconfinare in Murphy.

Ciao.