4.3.10

Gli studenti della Pantera (2009)

IL LOGO ERA quello delle Black Panthers americane, la stagione quella della sfiducia per le ideologie e poi della distruzione dei partiti organizzati. La Pantera, il movimento studentesco di venti anni fa, è stato un fallimento. È durato pochi mesi, ha traversato l'Italia come un fulmine e non ha lasciato tracce percepibili a parte l'odore di ozono e un certo fastidio alla vista: tutto quello contro cui lottava il movimento è tutto puntualmente accaduto, il metodo usato per la protesta (assemblearismo) è stato in parte la causa del fallimento stesso, e la generazione che si è formata allora oggi quando va bene è invisibile, quando va male è nostalgica e dispersa nella giungla del potere locale, abbarbicata alle poltrone come l'edera selvatica.

A riportare fuori la storia Pantera, il "movimento rimosso", è tale Nando Simeone, personaggio del sottobosco politico romano ovviamente di sinistra, che veste il manto sacerdotale dell'ideologia più vetero che si possa immaginare, e costruisce per i tipi di Alegre un piccolo capolavoro del perché non solo la Pantera è fallita, ma anche perché continuerà a fallire tutto quello che la parte che lui rappresenta di questa generazione toccherà.

Gli studenti della Pantera (190 pagine, 14 euro, Alegre editore) è un'apologia del pensiero altrui: tanto che di idee genuine di Simeone non se ne trovano neanche a cercarle con il sonar. Invece di ideologia (cioè di idee già pensate da altri) ce n'è quante se ne vuole. Un supermercato di un mondo che non esiste più, settario e minoritario, avvinto nella masturbazione politica e nelle distinzioni inani che altre volte sono sfociate nella violenza e peggio.

Uno può sempre dire: però il libro è se non altro meritevole di fotografare un'epoca e di riportarla in auge. Una meritevole opera storica. Oppure no? Ovviamente no: la parzialità della visione del movimento schiacciata sul pensiero ideologico e sulla ricostruzione che fa della Pantera un fenomeno metà palermitano e metà romano, è talmente agghiacciante e lacunosa che fa venire il dubbio a chi scrive -- che all'epoca era al primo anno di Scienze politiche a Firenze -- di aver visto tutto un altro film, con altri protagonisti e altre storie.

Beh, comunque ci sarà pur sempre la leggendaria capacità di analisi dei comunisti, che non scopano niente ma almeno spaccano il capello in sedici tutte le sere nella sede del partito (quale esso sia). Era dopotutto la fondamentale distinzione tra chi andava alle Botteghe Oscure e chi invece a via del Corso (questi ultimi pare invece scopassero e mangiassero, mangiassero e scopassero e basta). La pochezza dell'analisi di Simeone invece riesce a smentire anche questa idea che in Europa è ritenuta parte fondante dell'acquis communautaire.

L'analisi oscilla, senza alcuna logica, fra due opposte interpretazioni storiche: da un lato la Pantera è stata il movimento contrario ai partiti organizzati e "noi" (dice lui) abbiamo combattuto duramente per tenere questa autonomia e istintiva sfiducia sempre molto alta, cacciando fuori partiti e sindacati dall'università. Dall'altra

cioè non toglie che la Pantera è stata ingabbiata. E la causa principale della nostra sconfitta fu l'isolamento, la totale assenza dei movimenti sociali ma anche l'isolamento politico e sindacale in cui Pci e Cgil in particolare lasciarono il movimento.

Capite che questo, se non gli spiegano che è il suo, quando ha fame è capace di mangiarsi un piede? Simeone, che da una vita ha come unico punto fermo quello di avere idee ben confuse in testa, costruisce insomma il libro classico di chi, avviandosi verso la mezza età, senta soprattutto il bisogno di tirare fuori tutto lo sporco dal proprio ombelico e farne meditazione trascendentale per chi segue.

L'analisi è errante ed errata. L'ideologia regna sovrana e fa specie pensare che chi scrive il libro non è un pensionato novantenne che racconta le sue esperienze con Garibaldi e Mazzini, o quantomeno un dirigente del Pci che abbia una solida scuola di partito alle spalle, ma un eletto dal popolo di poco più di quarant'anni che nel 2010 vede bene di applicare categorie del pensiero che Engels stesso avrebbe sconsigliato a Marx perché ormai un po' demodè. Sono personaggi e libri così che permettono a Berlusconi di rifarsela con "i soliti comunisti". Che tristezza pensare che questo è in realtà tutto quel che resta della Pantera: la misura di un fallimento.

1 commento:

Anonimo ha detto...

La pantera faceva già ridere nel 1994 - 1995. Anzi no faceva già ridere durante la Pantera. Ma in genere i movimenti studenteschi mi sembrano sempre molto inadeguati, gli studenti non raggiungono quasi mai la percezione dei propri interessi in quanto studenti (cioè mancano di "coscienza di classe") si rifugiano dietro slogan e paroloni e non combinano un tubo, anzi a volte quel che è peggio è che si preparano la strada per un bel periodo di disoccupazione o sottoccupazione post-universitaria. E tuttavia un po' li capisco, son cresciti nel mito della contestazione, inoltre in queste cose forse sperano di trovare un protagonismo che li riscatti dalla loro umiliante condizione (specie quelli delle facoltà umanistiche delle Università di Stato).