26.6.11

Il mestiere del giornalista 2.0

C'È COME SEMPRE un gran discutere sulle strategie e sulle tecnologie per fare le cose dell'informazione nel web. La crisi, lo spauracchio di una professione morente (ma forse già morta), l'incapacità di affrontare il cambiamento: tutto congiura a fare in modo che il giornalismo 2.0 sia diventato qualcosa che probabilmente rintrona chi di lavoro nella vita fa altro. Come se si stesse a discutere dalla mattina alla sera sulle affascinanti conseguenze tecniche e di fattura delle otturazioni in composito rispetto a quelle in amalgama per la professione odontoiatrica. Non credo appassionerebbe la popolazione più di tanto. Comunque.

La "spinta" poi viene dall'America, come sempre, e dal New York Times in particolare che, se starnutisce, fa sobbalzare tutto il pianeta. Cambia la gestione dell'online per la vecchia signora di Manhattan? Se ne sono accorti anche i fabbricanti di porte in legno massello di Alessandria (gente notoriamente "tosta") che esiste internet e che non ha più senso fare la coda in posta per fare i pagamenti a fine mese. Allora perché ci stupiamo se fanno la redazione online gestita da quelli che lavorano per il cartaceo?

La rigidità contrattuale della mia categoria (sia dal punto di vista economico che di mansioni e di capacità di aggiornamento professionale) rende quasi impossibile costruire qualcosa di diverso da quel che esiste. E se si costruisce, viene fatto da orchi e ciclopi miopi (un ciclope miope è una brutta bestia) che mirano al denaro senza alcun garbo o attenzione. Sì, sto pensando proprio a te, manager dell'editoria che mi leggi...

Detto questo, un punto mi preme sottolinearlo, visto che da più di quindici anni mi barcameno tra radio, carta stampata giornaliera e periodica, agenzia e sito web.

Il giornalismo 0.1b era micidiale: fatto di cose che non ho mai sperimentato se non da molto lontano (composizione a caldo, tavoli luminosi, forbici, tipometri). All'epoca ci si dava dentro, si camminava tanto, si consumavano le scarpe, si telefonava parecchio e lo si faceva addirittura con telefoni dotati di selettore a rotazione e nessuna rubrica preimpostata, niente internet, c'era quello sulla notizia che telefonava a quello in redazione, c'era tanta gente che scriveva con la macchina meccanica (la famosa "macchina per scrivere") e si faceva addirittura l'alba in tipografia a impostare, correggere e stampare il giornale. I titoli avevano una certa forma perché i caratteri avevano una certa dimensione. Idem per gli articoli. Un lavorone di cui Gutenberg sarebbe stato fiero. Anche perché, accanto al giornalista, anziché le legioni di uffici stampa che ci sono adesso, c'erano legioni di tecnici, tipografi, assistenti di redazione, dimafonisti, segreterie di redazione, fattorini. Un vero circo Barnum dell'informazione. Quando si dice che il giornale è un'opera collettiva, si intende che c'era da prendersi a spintoni per entrare in redazione.

Il giornalismo 1.0, quello moderno nato a partire dalla fine degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta, era un palla: stavi tutto il giorno attaccato a un cavolo di computer vecchio come mio nonno. Sopra, se eri fortunato, c'era Windows NT e qualche folkloristico software che i tecnici di redazione chiamavano "sistema editoriale". Tutti i tecnici di prima continuavano a lavorare - ci mancherebbe altro - però facevano completamente altre cose: con il benedetto computer serviva una laurea in ingegneria, grafica e design industriale più che una competenza tipografica. Quelli che prima cercavano le foto in archivio, incollavano e verificavano i testi sui tavoli luminosi, preparavano grafici e tabelle, disegnavano le pagine assieme ai capiservizio, gestivano la composizione, stenografavano gli articoli via dimafono (quelli bravi tra i giornalisti potevano dettare dal luogo della notizia il pezzo "a braccio", senza scrivere niente di strutturato sul taccuino), raccoglievano i dispacci di agenzia.

Ebbene, tutti questi ancora lavoravano, però c'era stato il bisogno di reinventargli un lavoro, perché i più astuti tra i sindacalisti avevano capito che sarebbe bastato un redattore sveglio e un Pc per fare tutto. E il redattore cercava in tutti i modi di imparare a usare il maledetto sistema editoriale, crescendo in un ambiente fatto di comandi e di metafore dell'interfaccia incomprensibili se non aveva già lavorato nel sistema precedente, perché il computer cercava di mimare il comportamento del vecchio sistema. In compenso, il "vecchio dinosauro" che veniva dall'ambiente precedente manco riusciva ad accenderlo, il computer. Se gli facevi vedere come si faceva copia-e-incolla ti guardava neanche fossi stato il protagonista di Matrix. Cose così.

Il giornalismo 2.0, quello di adesso, è tutta un'altra cosa. Stai ore e ore attaccato al computer. Finalmente il modello che vuoi tu, tanto te lo sei pagato da solo perché lavori da casa tua e senza contratto: solo un generico cottimo o qualcosa del genere. Scrivi per una dozzina di siti e di testate diverse, e ognuno ti da un account e ti fa imparare un sistema diverso. Mica un sistema editoriale, no. Una piattaforma di blog, oppure un servizio di raccolta dati a distanza, oppure un accesso a qualche diavoleria fatta con database astrusi e una pennellata di Cgi in cima, con una interfaccia web sempre diversa, dove passi più tempo a impostare parametri e spuntare opzioni che non a scrivere la notizia.

Io a questo punto, a parte il progetto Kontiki su Commodore 64 e il Sinclair QL, i sistemi di gestione dei contenuti per mettere le robe online (detti CMS) li ho visti un po' tutti. Non me ne piace uno e sogno la notte di tornare alla composizione a caldo. Anche se, temo, oggi sarebbe una nicchia piuttosto piccola anche per gli abitanti Lilliput.

Allora, attendo con ansia il giornalismo 3,0, quello che te lo fai tutto con l'iPhone, senza passare neanche da casa a cambiarti d'abito. Ecco, magari mentre sei in tram che stai andando da qualche parte. O magari tornando. Chissà se a qualcuno gliene importerà ancora qualcosa.

3 commenti:

cyberia ha detto...

>>Chissà se a qualcuno gliene importerà ancora qualcosa.

Se i contenuti pubblicati sono di qualita', essi prevarranno sempre sullo strumento, lo strumento ("a caldo" o iPhone) e' secondario. E' chiaro pero' che un po' di ordine negli strumenti non guasterebbe

Bugfixer ha detto...

Uhm, pessimismo crepuscolare da fine giugno. Forza Antonio!

per quanto riguarda il giornalismo: Internet ha aperto a tutti, ma dico a tutti, la possibilità di scrivere quello che si vuole. Alcuni giornalisti abboccano e copincollano, spesso facendo delle magre figure.

Il Dini no.

mrm ha detto...

Occorre chiederlo? Composito! Bella anche la ricostruzione delle diverse fasi del giornalismo. Anche se non cosa c'azzecca con l'ortodonzia?
Saluti da Cremona
M