28.5.14

Programmare vs l'istinto

CI SONO QUELLI che sono davvero bravi: pianificano, programmano ed eseguono tutto con precisione e puntualità. Per quanto anche io abbia ogni tanto dei momenti di efficienza travolgente, nella normalità non lo sono. Mi annoio, mi viene l'ansia, devo correre, non ho niente da fare, sono trafelato, sono privo di obiettivi e metodi per arrivarci (quest'ultima è una consolazione perché, se non ho obiettivi, la mancanza di metodi per arrivarci non è poi così rilevante).

In questo samsara esistenziale, persi nella rutilante vita moderna che frammenta, spezzetta, mescola e complessifica anche le cose più normali. Ma come facevano mio padre e mia madre non dico a stare a tavola a pranzo con me, ma a essere presenti alle nostre cene di famiglia alle 8 contemporaneamente e senza apparente fatica per i quindici anni più significativi delle loro carriere professionali che hanno anche coinciso con i miei primi quindici anni?

L'alternativa a questa ferrea pianificazione e alla continuità degli orari potrebbe essere quella dell'istinto? Del giocare a uomo anziché a zona? E se la logica è quella di non avere un piano esplicito, quali sono gli errori da evitare? Gli impegni da non prendere? I no da dire per riuscire a mettere assieme un sufficiente numero di sì?

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